La fondazione di Roma

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Tra il XVIII e il XIII sec. a.C. , con l’età del bronzo, appaiono a nord, nella pianura Padana, le terramare, circondate da fossati per esigenze idriche. Le case sono costruite su piattaforme rialzate per isolarle dall’umidità. La società delle terramare è di tipo partecipativo, abbiamo i capi che sono dei guerrieri, gli artigiani che realizzano le armi, agricoltori e allevatori che portano avanti l’economia. Intorno al 1200 a. C. questi villaggi scompaiono, probabilmente a causa di eventi naturali.

La fondazione di Roma è fissata alla metà dell’VIII sec. a. C. , in quel periodo l’Italia presenta una serie di popoli: etruschi, greci, fenici, umbri, siculi, sicani, latini, ecc. E’ in un’ Italia dal popolamento eterogeneo, ma dominate da due culture avanzate (etrusca e greca) che nasce Roma. Nei primi anni sono numerose le lotte interne: Roma si espande sottomettendo i popoli che la contrastano, primo tra tutti quello dei latini da cui i romani stessi discendono.

E’ in un’Italia dal popolamento estremamente complesso, in mezzo a popolazioni assai mescolate, ma dominate da due culture avanzate (l’etrusca e la greca) che nasce Roma.

Il 21 aprile del 753 a. C. è la data fissata come nascita di Roma e di Romolo stesso che avrebbe fondato la città su un colle. Romolo secondo la tradizione è figlio di Enea, re del Lazio, e di una troiana. Secondo altre fonti è figlio del Dio Marte  e di Rea Silvia, figlia del re Numitore di Alba Longa. La madre lo abbandona insieme al fratello Remo sulle rive del Tevere perché teme che lo zio, usurpatore del trono di Numitore, li voglia uccidere. I due vengono allattati da una lupa e il loro legame si spezza quando Numitore chiede loro di fondare Roma, così Romolo uccide Remo e diventa re. Secondo alcuni critici, invece, Romolo sarebbe il capo di bande che vivono di pastorizia e brigantaggio.

La leggenda della fondazione di Roma

Secondo la tradizione, Roma sarebbe stata fondata il 21 aprile del 753 a. C. I romani, diventati i padroni del mondo, attribuivano alla loro città origini divine. Partendo da antiche leggende, il poeta Virgilio ( 70-19 a. C.) ne raccontò la storia nel poema Eneide. Enea, figlio di Venere, fuggito da Troia in fiamme col vecchio padre Anchise e il figlio Ascanio chiamato anche Iulo, giunse, guidato dagli dei, presso la foce del Tevere. Accolto dal re Latino, sposò la figlia mentre suo figlio Iulo fondava Albalonga (sui colli Albani, nel Lazio). Qui finisce l’Eneide, ma il racconto continua, tramandato da grandi storici di Roma (Tito Livio e il greco Dionigi di Alicarnasso), che hanno raccolto altre leggende. Passarono gli anni. Re di Albalonga divenne Numitore, ma il fratello Amulio lo spodestò e costrinse la figlia di lui, Rea Silvia, a diventare sacerdotessa della dea Vesta rinunciando quindi al matrimonio. Tuttavia il dio Marte, invaghitosi di lei, si unì alla fanciulla e nacquero due figli, Romolo e Remo. Temendo di perdere il trono Amulio li fece mettere in una cesta e gettare nel Tevere, ma la cesta, protetta dagli dei, s’impigliò nei rami di un fico e una lupa li allattò, consentendo loro di sopravvivere.

I sette re di Roma

Durante il periodo monarchico l’organizzazione politica è basata sulla monarchia costituzionale elettiva, il potere diviso tra re, senato e comizi curiati (assemblee di cittadini romani).

  1. Romolo: (753 – 716 a. C.) romano, divide la popolazione in patrizi e plebei
  2. Numa Pompilio: sabino, fondatore della religione, costruisce templi per gli dei e divide la popolazione per mestieri (715 – 673 a. C.)
  3. Tullo Ostilio: romano, distrugge la città di Alba Longa ed espande i confini di Roma (672- 641 a. C.)
  4. Anco Marzio: sabino, nipote di Numa Pompilio, ultimo re sabino, intraprende guerra contro i latini e fa costruire il porto di Ostia, migliorando la navigabilità del fiume Tevere (640 – 616 a. C.)
  5. Tarquino Prisco: etrusco, è il consigliere di Anco Marzio e alla sua morte si fa eleggere re. Fa costruire il circo Massimo e inizia i lavori della Cloaca Massima, il grande sistema fognario della città. Aumenta il numero dei cavalieri e aumenta il senato di altre 100 unità. Muore assassinato da uno dei figli di Anco Marzio (615- 579 a. C.)
  6. Servio Tullio: etrusco, genero di Tarquinio. Attacca le città etrusche di Veio, Cere e Tarquinia inglobandole nei domini di Roma. Elimina la divisione tra patrizi e plebei e riorganizza la popolazione sulla base della residenza e del patrimonio. Aumenta la possibilità di scalata sociale, ma il servizio militare e la vita politica allontanano dai propri campi che non forniscono più reddito se non lavorati, per questo sono favoriti i patrizi che usufruiscono degli schiavi che li sostituiscono nei campi durante la loro assenza, per questo le fasce di reddito inferiore rinunciano alla vita politica. (578 – 535 a. C. )
  7. Tarquinio il Superbo: etrusco, depone il re precedente, impedendone la sepoltura (atto fortemente sacrilego). Sottoscrive un trattato di navigazione con la città fenicia di Cartagine. Ostile all’aristocrazia scappa da Roma a causa dell’intervento del re dei Chiusi Porsenna. Tarquinio il Superbo, cacciato da Roma a causa dei continui abusi di potere e violenze (la violenza contro la nobile Lucrezia scatena l’ira di Lucio Giuno Bruto che divenne uno dei due primi consoli della repubblica romana, l’altro era il marito di Lucrezia, Collatino) chiede aiuto a Porsenna nella città etrusca di Chiusi. Nel 508 a.C. Porsenna attacca Roma. Ci sono tre versioni dei fatti: 1) Porsenna assedia Roma, ma colpito dagli atti di grande valore umano di Orazio Coclite e Muzio Scevola si ritira a Chiusi e libera gli ostaggi tenuti sul Gianicolo assediati. 2) Porsenna domina Roma per molti anni, con tolleranza e rispetto, ma pretendendo il versamento di pesanti decime. 3)Probabilmente Porsenna fu il capo non solo dei Chiusi, ma di altre città etrusche o dell’intera Etrulia. Verrà cacciato da Roma dai latini. Tarquinio muore a Cuma nel 495  a. C.

La cacciata dell’ultimo re espone Roma alle mire dei popoli vicini, come Volsci, Sabini e la Confederazione latina.

La rivolta dei patrizi, dei popoli italici, degli abitanti delle colonie della Magna Grecia sono le ragioni che determinano l’avvento della repubblica.

Nel 501 la Confederazione Latina sferra un attacco che sfocia nella battaglia del lago Regillo del 496 a. C. vinta dai romani che firmeranno qualche anno dopo un trattato con la Confederazione grazie al quale respingeranno gli attacchi di volsci e sabini. I popoli firmano un accordo di pace e non belligeranza che dura più di 30 anni durante i quali i popoli si giurano pace e mutua assistenza in caso di guerra per difesa e conquista. La Lega latina viene sciolta a seguito del trattato. Altre battaglie importanti furono nel 476 a. C. quella contro Veio (i romani sconfiggono i veietani sul Gianicolo) e la presa di Cuma di due anni dopo, in cui gli etruschi vengono sconfitti dai cumani.

L’età repubblicana

L’età repubblicana va dal 509 al 31 a. C. Dalla monarchia si passa ad un potere distribuito in maniera più eterogenea tra patrizi e plebei, questi ultimi sempre più decisi ad assumere un ruolo decisionale nella società romana. Il dominio romano, durante questi secoli, è in forte espansione e l’ascesa dei romani avverrà in tutti i territori dell’Italia, da Nord a Sud.

Nel 495 a. C. un folto gruppo di debitori si presenta in senato per chiedere un intervento in loro favore. Dei due consoli, uno, Appio Claudio, intende sedare la rivolta con le armi, l’altro, Publio Servilio, è disponibile al compromesso. Nel frattempo giunge la notizia che volsci e sabini stanno marciando contro Roma. Servilio chiede ai debitori di intervenire in favore di un editto, così i nemici vengono sconfitti, ma la promessa fatta ai debitori non viene mantenuta. Nel 494 a. C. si ha la secessio plebis, la prima secessione sull’Aventino e sul monte Sacro. Si giunge all’istituzione dell’assemblea della sola plebe e di una carica magistrale a difesa della plebe: il tribuno della plebe, carica interdetta ai patrizi.

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