Storia del caffè

Dal Caffè di Verri ai giorni nostri

Il Caffè è un periodico italiano che esce per tre anni dal primo di giugno del 1764 al 1766.

Considerato il periodico di una società fondata dagli esponenti più in vista dell’aristocrazia milanese, tra cui possiamo ricordare Pietro e Alessandro Verri, i quali avevano fondato l’Accademia dei Pugni.

Nel 1764 Verri decide di pubblicare la sua voce ufficiale ogni dieci giorni con il Caffè. Questa pubblicazione vuole staccarsi dalla pubblicazione delle gazzette perché queste si fermavano alle notizie superficiali e non davano il loro significato profondo. Verri non voleva che il suo giornale si fermasse agli scritti scientifici e letterari, considerati da gruppo limitato di studiosi.

Dando così il titolo di “Il Caffè”, la rivista poteva essere letta da chiunque e ovunque; per esempio dove appunto si beveva il caffè.

La rivista

Esalta la funzione di Goldoni perché si serve di una lingua molto comprensibile, vicino al linguaggio parlato. Scrive soprattutto commedie anche in dialetto. Vengono espresse delle riserve nei confronti di Parini.

Le origini del caffè

Il caffè nasce nelle piantagioni dell’Africa, India e Sud America. La loro comparsa risale già ai tempi del Medioevo. Sviluppandosi poi in un possedimento francese, nascendo così grandi possedimenti basate sulla schiavitù di immigrati e persone di colore, con il lavoro forzato.

Per i suoi rapporti commerciali in Vicino Oriente, Venezia fu una delle prime città a diffondere la bevanda e a far uso del caffè in Italia, forse fin dal XVI secolo; anche alcune botteghe del caffè furono aperte proprio a Venezia.

Nell’Italia centrale si diffuse nei secoli successivi: il medico e letterato Francesco Redi nel suo Bacco in Toscana già cantava: “Beverei prima il veleno/ Che un bicchier, che fosse pieno/ Dell’amaro e reo caffè”

Nel XVII secolo, a Londra e a Parigi una libbra di caffè veniva pagata fino a 40 scudi. L’uso si andò poi via via generalizzando per crescere fino all’immenso consumo che se ne fa tuttora.

Secondo alcuni invece la sua diffusione avvenne nel mondo arabo, prima che in Europa. La parola araba “qahwa” indicava una bevanda estratta da semi con proprietà eccitanti e stimolanti. In seguito, dall’arabo “qahwa” si sarebbe passati al turco “qahvè”, molto simile all’italiano “caffè”.

Vi sono molte tipologie della pianta del caffè. Da un punto di vista commerciale le più rilevanti sono due: l’arabica e la robusta. La prima dà vita a un caffè di qualità superiore, dal gusto più aromatico e meno amaro. La robusta, invece, costituisce 1/4 della produzione e da essere origina un caffè di qualità inferiore, con un aroma debole e un gusto molto amaro. La percentuale di caffeina si aggira tra l’1,6 al 2,8%. Cresce ad altitudini più basse rispetto all’arabica.

Per la sua produzione il primo step è quello della raccolta. Quest’ultima avviene, solitamente, “a rotazione”, ovvero man mano che i chicchi di caffè raggiungono la maturazione. I raccoglitori qualificati si aggirano dunque tra le piante del caffè selezionando i chicchi maturi, dando vita a un processo chiamato anche “picking” in gergo tecnico. In alternativa, esiste anche lo “stripping”, che differisce principalmente nel fatto che il raccoglitore non fa alcuna distinzione fra chicchi maturi e non maturi. Di conseguenza, il risultato è un prodotto di qualità meno pregiata.

Dopo la raccolta subentra la fase dell’essicazione. Anche in questo caso i metodi sono due: a secco o in umido, dove possono poi subentrare contaminazioni anche muffe e batteri. In questo caso i gusci vengono rimossi e i chicchi sono lasciati a fermentare dalle 12 alle 48 ore. Il risultato è un caffè dall’aroma più delicato.

Lo step finale è quello della torrefazione, che consiste nell’introdurre i chicchi di caffè in una macchina la cui temperature raggiunge i 200-250° e che precede il confezionamento. In questo frangente il chicco di caffè perde circa il 15-20% del peso, a causa dell’evaporazione dell’acqua e di altre sostanze, e aumenta di volume. Inoltre, fanno la sua comparsa il colore scuro tipico del caffè, a seguito della carbonizzazione della cellulosa e alla caramellizzazione degli zuccheri, e l’aroma che tanto conosciamo, a seguito della formazione di un olio molto scuro chiamato caffeone.

Il caffè a Napoli, pur essendo conosciuta oggi come la città del caffè, arrivò in seguito, attraverso le navi che arrivavano nei porti della Sicilia. Celebrato dall’arte, dalla letteratura, dalla musica e dalla vita mondana napoletana, il caffè divenne presto protagonista a Napoli, dove veniva preparato con grande cura nella “cuccumella”, la tipica caffettiera a filtro napoletana derivata dall’invenzione del parigino Morize nel 1819.Un indizio dell’approccio dei napoletani al caffè come bevanda sociale, è la pratica del caffè sospeso (l’atto di pagare in anticipo un caffè da consumare dal prossimo cliente) inventato nella città partenopea e definito dal filosofo e scrittore napoletano Luciano De Crescenzo.

Ad oggi Napoli è il centro della macinazione del caffè, scaturendo nuovi marchi diventati ad oggi molto famosi, come Kimbo, Toraldo, Re Borbone e molti altri diffusi nel commercio.

Esmeralda Liuzzo

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *