Il nominativo

Nella grammatica greca antica, come già accennato nel precedente articolo relativo alla funzione dei casi, il nominativo è la forma fondamentale del nome e rappresenta il caso del soggetto, cioè colui o ciò che compie l’azione del verbo. Tuttavia, le sue funzioni non si esauriscono qui: questo caso riveste anche un ruolo centrale nelle determinazioni attributive e predicative del soggetto.
Oltre ai sostantivi veri e propri, possono comparire in funzione di soggetto anche altre parti del discorso sostantivate: aggettivi, participi, infiniti, avverbi, preposizioni, numerali e persino intere proposizioni. Un esempio tratto da Erodoto mostra chiaramente questa versatilità:
τα λέγουσι δὲ πολλὰ καὶ ἄλλα ἀνεπισκέπτως οἱ Ἕλληνες – I Greci raccontano superficialmente molte altre cose.
All’interno di quest’articolo provvederemo a dare quanti più dettagli possibili e scenderemo nei particolari quanto serve per dare una prospettiva, non solo generale, bensì completa, di quello che è il concetto del nominativo.
Nominativi particolari
Oltre alla funzione di soggetto, il nominativo può ricoprire ruoli meno comuni ma altrettanto significativi, come:
- Titolazione: usato per i titoli di opere, ad esempio Πέρσαι – I Persiani (tragedia di Eschilo).
- Citazione: per riportare termini o nomi, come in συκοφάντης – sicofante.
- Definizione: usato per esplicitare un’identità o una qualifica, ad esempio ἀνὴρ δὲ γενόμενος προσείλεψε… συκοφάντης – Fattosi uomo, prese il nome di sicofante.
- Vocazione: utilizzato per rivolgersi a qualcuno, spesso nelle tragedie, come in ὦ τλάμων πάτερ… – O padre infelice….
- Esclamazione: per esprimere emozioni forti, come in ἡ τάλας ἐγώ – Oh me infelice!
- Enumerazione: quando si elencano termini in forma di soggetti, come in Aristofane: κριός, τράγος, ταῦρος, κύων, ἀλεκτρυών – montone, capro, toro, cane, gallo.
Il nominativo prolettico
Una costruzione interessante è il nominativo prolettico, che introduce un soggetto “logico” prima del soggetto grammaticale vero e proprio. Questa struttura, frequente nella lingua parlata e nella prosa vivace, produce un effetto anacolutico (cioè una rottura della coesione sintattica). Un esempio è fornito da Senofonte: οἱ δὲ φίλοι, ἂν τις ἐπίστηται αὐτοῖς χρῆσθαι… – Gli amici, se uno sa come usarli… In questo caso il soggetto “οἱ φίλοι” è anticipato rispetto al verbo e funge da elemento tematico più che da soggetto grammaticale.
Il nominativo avverbiale
Alcuni termini in forma di nominativo hanno assunto valore avverbiale, divenendo elementi cristallizzati nel lessico. Alcuni esempi includono:
- μόλις – a stento
- εὐθὺς – subito
- ἐγγὺς – vicino
Il doppio nominativo
Quando una frase contiene due nominativi, uno identifica il soggetto e l’altro ne specifica l’identità o lo stato: si tratta del cosiddetto nominativo predicativo. Questa struttura si trova spesso con:
- Verbi stativi: indicano uno stato dell’essere o dell’esistere, non un’azione. Tra questi ricordiamo: εἰμί – essere, γίγνομαι – diventare, ὑπάρχω – esistere.
- Appellativi: indicano il dare un nome o un titolo a qualcuno. Tra questi rientrano: λέγομαι – essere detto, καλούμαι – essere chiamato.
- Estimativi: esprimono un giudizio o una valutazione su qualcuno. Tra essi si configurano: νομίζομαι – essere ritenuto, κρίνομαι – essere giudicato;
- Elettivi: indicano una nomina, una proclamazione o una scelta ufficiale. In essi appaiono: καθίσταμαι – essere eletto, ἀποδείκνυμαι – essere proclamato.
Esempio da Erodoto:
Τοὶ δὲ βασιλήιοι δικασταὶ κεκριμένοι ἄνδρες γίγνονται – I giudici regali risultano essere uomini scelti.
Il nominativo assoluto
Il nominativo assoluto è una costruzione rara in greco, che si incontra quasi esclusivamente con participi o verbi impersonali al participio, come ad esempio δεῖ (bisogna), δοκεῖ (sembra), χρὴ (è necessario). In questi casi, il participio assume il nominativo neutro singolare (se impersonale) o il nominativo maschile/femminile singolare (se personale ma sottinteso), restando scollegato dal soggetto della proposizione principale. È una costruzione simile all’ablativo assoluto latino, ma molto meno diffusa
Tra gli esempi più noti, possiamo fornire:
- δεῖ ὄν: “essendo necessario” (con participio impersonale in nominativo neutro singolare);
- χρὴ γενομένης: forma eccezionale in cui si può trovare un participio femminile in nominativo se collegato a un soggetto sottinteso femminile.
Nota: questa costruzione è definita “assoluta” proprio perché non ha legami grammaticali con il resto della frase, ma introduce un’informazione accessoria o temporale
Il nominativo con l’infinito
Questa è una costruzione tipica del discorso indiretto in greco. Quando si vuole riportare una dichiarazione, un pensiero, un’opinione o una percezione in forma indiretta, si usa spesso l’infinito accompagnato dal suo soggetto in nominativo. A differenza del latino, dove il soggetto dell’infinitiva va all’accusativo, in greco il soggetto resta al nominativo se è lo stesso della proposizione principale, oppure passa all’accusativo solo se è diverso.
È frequentemente utilizzato con alcuni verbi o locuzioni quali:
- verba dicendi, declarandi, putandi, iubendi: ossia tutti quei verbi che esprimono un’affermazione, un giudizio o un comando. Vengono spesso usati impersonalmente;
- verbi indicanti sembrare, apparire;
- locuzioni costituite da un aggettivo + il verbo ειμί o γίγνομαι, come in αναγκαιός ειμί (è necessario che io).
Alcuni esempi sono:
- λέγεται Σωκράτης σοφὸς εἶναι: “Si dice che Socrate sia saggio” (Socrate è soggetto dell’infinitiva, in nominativo);
- νομίζω τὸν ἄνθρωπον σοφὸν εἶναι: “Penso che l’uomo sia saggio” (qui il soggetto è diverso: va in accusativo)
La concordanza soggetto-predicato
In greco antico, il soggetto e il predicato nominale (quando espresso da un sostantivo, aggettivo o participio) devono concordare in caso, genere e numero, come in latino. Questa regola vale anche quando il predicato precede il soggetto. Se il soggetto è un pronome neutro o un’infinità di cose neutre al plurale, il predicato può andare al neutro singolare, come spesso accade con i verbi impersonali.
Tuttavia, sono presenti alcune eccezioni:
- è possibile che un aggettivo con valore di parte nominale si trovi al genere neutro, anche quando il soggetto sia maschile o femminile;
- quando il soggetto è rappresentato da un nome collettivo, il predicato può essere sia al singolare che al plurale (come in latino);
- quando il soggetto è al duale, il predicato può essere sia al duale che al plurale;
- quando in una frase ci sono due soggetti singolari, il verbo può essere sia al duale che al plurale;
- quando il soggetto è rappresentato da un neutro plurale, il verbo è molto spesso al singolare.
Tra gli esempi più noti ricordiamo:
- ὁ ἀνὴρ σοφός ἐστιν → “L’uomo è saggio” (maschile singolare)
- αἱ γυναῖκες καλαί εἰσιν → “Le donne sono belle” (femminile plurale)
- τὰ παιδία ἐστὶν ἀγαθά oppure τὰ παιδία ἐστὶν ἀγαθόν → entrambi corretti: il primo con concordanza formale, il secondo per attrazione al neutro singolare (usato per collettivi o concetti).
Questa concordanza è importante anche nei discorsi indiretti e nei casi in cui il soggetto sia sottinteso o anticipato, perché permette di capire a quale termine ci si riferisce.
Conclusione
Il nominativo greco non è semplicemente un’etichetta grammaticale per indicare il soggetto, ma una vera e propria chiave di lettura del testo, in grado di rivelare sfumature emotive, logiche e stilistiche. Attraverso le sue molteplici funzioni, il nominativo si impone come un elemento vitale e dinamico all’interno della frase, capace di adattarsi ai contesti più vari – dalla narrazione storica alla tragedia, dalla filosofia alla comicità.
Comprendere a fondo le sue sfaccettature permette non solo di tradurre correttamente, ma anche di entrare nel vivo del pensiero e della sensibilità greca.
Ti invito, quindi, a continuare a leggere gli articoli che escono abitualmente nel nostro blog e ad immergerti nella comprensione del prossimo argomento: il genitivo.