I complementi del greco antico formati con l’infinito

Nella lingua greca antica, l’infinito è una forma verbale estremamente duttile, in grado di assumere molteplici funzioni sintattiche. Non indica una persona, ma un’azione in sé, concepita in modo astratto e atemporale. Proprio per questo motivo, esso può essere usato come un sostantivo, e quindi ricoprire funzioni di complemento all’interno della frase.
A differenza dell’italiano, dove l’infinito ha usi più limitati (“amare”, “vedere”, “essere”), in greco può rappresentare complementi di vario tipo: soggetto, oggetto, fine, causa, mezzo, paragone, limitazione, e altri ancora. Il suo valore si estende dunque ben oltre quello verbale, diventando una forma che unisce astrazione e azione.
Per comprendere appieno il funzionamento dell’infinito greco, è essenziale distinguere i suoi diversi usi sintattici, poiché da essi dipendono anche i casi (accusativo, genitivo o dativo) e le preposizioni che possono introdurlo.
Complemento soggetto
L’infinito può fungere da soggetto di una proposizione, soprattutto quando il verbo reggente è impersonale, come ἔξεστι (“è possibile”), δεῖ (“bisogna”), χρή (“è necessario”), συμφέρει (“conviene”).
In questi casi, l’infinito rappresenta l’azione che compie la funzione logica del soggetto.
Esempio:
Ἔξεστι τοῖς ἀνθρώποις ζῆν ἐν εἰρήνῃ.
→ “È possibile per gli uomini vivere in pace.”Qui ζῆν (“vivere”) è soggetto del verbo impersonale ἔξεστι.
In presenza di un soggetto espresso, esso compare spesso in accusativo, dando origine alla costruzione accusativo con infinito.
Complemento oggetto
Uno degli usi più frequenti è quello oggettivo, quando l’infinito dipende da un verbo di volontà, pensiero, percezione o parola, e ne completa il senso.
Esempio:
Βούλομαι μαθεῖν.
→ “Voglio imparare.”Ὁ ἄνθρωπος λέγει ἀληθεύειν.
→ “L’uomo dice di dire la verità.”
L’infinito può quindi fungere da complemento oggetto (in particolare infinito oggettivo), oppure introdurre una proposizione completiva oggettiva, soprattutto dopo verbi come λέγω, νομίζω, οἶδα, φαίνομαι, φημί.
Complemento di causa
In alcuni contesti, l’infinito può esprimere la causa di un’azione, spesso preceduto da διά τό, ἐκ τοῦ, o τοῦ solo, e reso in italiano con “per il fatto di…”.
Esempio:
Ἐτιμωρήθη διὰ τὸ παραβῆναι τοὺς νόμους.
→ “Fu punito per aver trasgredito le leggi.”
Questo uso è simile a una proposizione causale, ma reso con maggiore concisione grazie all’infinito.
Complemento di mezzo o modo
L’infinito può anche indicare il mezzo o il modo con cui si compie un’azione, di solito preceduto da τῷ o ἐν τῷ + infinito.
Esempio:
Ἐσώθη τῷ φεύγειν.
→ “Si salvò fuggendo.”Qui τῷ φεύγειν indica il mezzo o modo mediante il quale avviene la salvezza.
Complemento di tempo
Anche il tempo può essere espresso dall’infinito, soprattutto con la costruzione πρὸ τοῦ + infinito (“prima di…”) o μετὰ τό + infinito (“dopo aver…”):
Esempio:
Πρὸ τοῦ ἀποθανεῖν ἐποίησε θυσίαν.
→ “Prima di morire fece un sacrificio.”
Questa costruzione sostituisce spesso una temporale con valore anteriore o posteriore.
Complemento di paragone e di limitazione
In alcuni casi più rari, l’infinito esprime un paragone o una limitazione, cioè specifica l’ambito entro cui vale una certa affermazione.
Esempio (limitazione):
Σοφὸς εἶναι δοκεῖ.
→ “Sembra essere saggio.”Qui εἶναι limita il verbo δοκεῖ, precisando in che senso egli sembra tale.



