XXI secolo o l’età della crisi

(prima parte)

Nichilismo, metafisica ed etica.

Igor Mitoraj, Eroi di luce, 2010. Valle dei tempi, Agrigento

Perché questa è l’età della crisi? La risposta non è così semplice e ci sono diversi motivi e concause che agiscono contemporaneamente. Per questo, l’argomento sarà diviso in altri due articoli aggiuntivi, che lo affronteranno dal punto di vista economico e della crisi della scienza, mentre nel seguente si indagheranno i motivi più strettamente filosofici.

 “Ecco, non c’è sopra né sotto! Slanciati e vola, in giro, in avanti, all’indietro, tu che sei lieve! Canta! Non parlare più! Non sono le parole tutte fatte per i grevi? Non mentono tutte le parole per chi è lieve? Canta! Non parlare più.
Così parlò Zarathustra, Friedrich Nietzsche.

Ogni riflessione e analisi critica della realtà nasce da un interrogativo, da una domanda che ci si pone: è proprio il dubbio che permette di giungere alla conoscenza. In questo caso le domande da porsi sono: perché sembra che la nostra società non abbia più valori e sia in cammino verso un ignoto e minaccioso futuro? Perché istituzioni millenarie, come la Chiesa, il matrimonio e la famiglia, tirano le cuoia? E perché c’è una produzione culturale e un dibatto politico penosi? Con poetucoli che improvvisano versetti scialbi, “artisti” che mettono in beat solo malavita, droga e denaro e politici che propagandano vacue idee populiste?

Una delle possibili cause può essere rintracciata nel fenomeno del nichilismo (dal latino nihil, nulla) elaborata dal filosofo Friedrich Nietzsche. Con questo termine si intende l’assenza di qualsiasi valore morale ed etico in seguito alla cosiddetta “morte di Dio”, una metafora con cui si indica la presa di coscienza dell’uomo dell’illusione della metafisica e con essa anche di Dio. Infatti, in seguito alla morte di Dio, vengono meno tutti i valori giudaico-cristiani (legati alla tradizione ebraica e cristiana), tra cui il più importante è la ricerca di un fine nelle cose, e si lascia spazio al nulla più assoluto e all’angoscia dell’uomo di fronte alla sua mortalità, alla sua finitudine, al suo senso di smarrimento.

Ma il nulla non è necessariamente un male per l’uomo: nel 1665 quando l’università di Cambridge chiuse a causa dell’epidemia di peste, il giovane Isaac Newton dovette confrontarsi con il tedio delle interminabili giornate e dal lentissimo volgere delle ore. Fu proprio in quei due anni di ritiro forzato che Newton pose le basi all’analisi matematica e al calcolo infinitesimale perché è solo dal vuoto e dal silenzio che nascono le idee di rilievo.

Questa è la soluzione che propone Nietzsche con il nichilismo “attivo” cioè il risollevarsi dalle ceneri dei vecchi valori, per costruirne di nuovi e positivi attraverso la propria iniziativa e volontà.

Tuttavia, nella società contemporanea non c’è spazio per il vuoto e il silenzio, perché ogni piccolo attimo di questo tipo è vissuto da noi come una sofferenza: quando abbiamo qualche ora libera, subito vediamo un film, se abbiamo delle settimane libere allora optiamo per una serie tv, se si tratta di qualche attimo allora andiamo su Facebook o su Instagram e scrolliamo qualche post. Tale meccanismo recide ogni possibile riflessione grande e persino piccola sui problemi attuali, tanto che il filosofo Gianni Vattimo parla di “pensiero debole”, cioè di come non sia più possibile oggi elaborare grandi sistemi filosofici come era stato in passato (Kant, Hegel, Marx). Un esempio perfetto a riguardo ci proviene da Twitter che ingabbia e limita il pensiero e la riflessione a un massimo di 280 caratteri.

Siamo in uno scenario che già Nietzsche prefigurava come nichilismo “passivo”, che egli ci avvisa essere una pericolosa alternativa, ma a cui abbiamo, invece, aderito appieno. È da qui che nasce questo senso di smarrimento, di cui noi siamo consapevoli ma che ignoriamo ripetutamente facendo altro, mentre la società continua a vivere priva di nuovi valori.

A dir la verità, solo due valori hanno preso il posto dei vecchi e si sono fatti avanti nella desolata distesa del nulla e cioè il denaro e la tecnica come ricorda Umberto Galimberti, psicanalista e filosofo, nella conferenza “Venir meno per essere nulla, il problema attuale del nichilismo”[1].

La tecnica si può definire come l’insieme di tutte le tecnologie e delle metodologie con cui l’uomo interagisce nel suo lavoro. Il nichilismo e l’ascesa della tecnica come nuovo valore fondante ha conseguenze drammaticamente importanti nell’ambito dell’etica.

Galimberti fa notare come l’uomo moderno è diventato “un funzionario di apparati tecnici”[2], tutto ciò implica che smette di domandarsi il fine delle cose (come imponeva il cristianesimo) e procede solo secondo un modello da seguire.

Come risultato, l’uomo è responsabile esclusivamente della perfezione del suo mansionario, (cioè della perfezione con cui esegue gli ordini) mentre non è responsabile delle conseguenze delle sue azioni.

A questo punto Galimberti fa una sfilza di esempi per chiarire il ruolo di responsabilità all’interno di questo “mondo nuovo”: la banchiera canadese che attraverso le sue azioni ha permesso a Saddam di ottenere le armi era responsabile di ciò? No, era responsabile della massima efficienza nel suo compito: far fare profitti alla banca.

Gli operai del bresciano sono responsabili delle morti causati dalle bombe che costruiscono? No, a loro è chiesto solo di assemblarle nella maniera perfetta e di essere un perfetto e sicuro strumento di morte.

Il pilota che sganciò la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki era responsabile delle centinaia di migliaia di morti? No, era responsabile solo di centrare il bersaglio e di premere il bottone di rilascio.

I nazisti impiegati nei lager per l’uccisione degli ebrei erano responsabili del loro sterminio? No, erano solo responsabili della perfezione dell’esecuzione del loro lavoro, cioè dell’uccidere il maggior numero di ebrei nel minor tempo possibile e non delle uccisioni in sé.

Non a caso vengono citati i nazisti perché è proprio nei lager che è nato il sistema della “dimissione totale della responsabilità delle nostre azioni”[3] che viene richiesto a tutti noi nell’età della tecnica.

Non a caso i nazisti si difendevano nei processi dicendo di aver solo eseguito gli ordini.

Dunque coloro che credono che le atrocità naziste non si possono ripetere nell’Europa democratica e che abbiamo imparato la lezione, non hanno capito che il meccanismo che ha portato a questo orrendo sistema di morte non sia affatto scomparso, ma anzi si ripeta continuamente sotto diverse forme.

La storia dà conferma di ciò: in Cambogia negli anni ‘70 la fazione dei Khmer rossi creò dei nuovi campi di concentramento e sterminò un terzo della sua stessa popolazione, causando due milioni di morti. E del resto avviene in piccolo anche oggi come citato prima con le fabbriche d’armi.

Ma già si sentono i detrattori che protestano dicendo che in questo modo si infrangono principi universali! Purtroppo neppure questo è vero.

C’è un immane problema metafisico (che riguarda l’esistenza o la non esistenza) per coloro che sostengono questa teoria: se le potenze dell’Asse avessero vinto la guerra, la cancellazione degli ebrei sarebbe stato un valore positivo da perseguire! Di conseguenza non possono esserci valori universali, sempre validi e uguali in ogni tempo e in ogni luogo.

JOSEPH KEYNES


[1]https://youtu.be/DRLE23SuFTQ

[2]https://youtu.be/_FED3jHzQXM

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Una risposta

  1. Gennaio 17, 2021

    […] States, attraverso il consumismo, stanno provando a cancellare gli orrori del conflitto per rendere la guerra solo un ricordo, un incubo ormai passato.Salinger attraverso “Il Giovane Holden” […]

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