Il medaglione del tempo recensione

Due mondi paralleli che porteranno i ragazzi dentro le bellezze illustrate della fantasia!

Il mondo sta crollando a causa del malefico Nacor, e solo i portavoce di Marabei (uno dei due mondi paralleli), insieme a madama Frida de la Cruz, sanno che l’unica possibilità di salvezza è quella figura di cui Zorda è alla ricerca da diverso tempo; figura che la volpe riconoscerà nella persona di Beba, una ragazzina di dieci anni, felice di tutto e felice di niente, come si descrive lei stessa all’interno del racconto, piuttosto insolita per i canoni dell’attuale società: non le interessano i giocattoli, i vestiti, né tantomeno i materiali tecnologici. Vive in un mondo tutto suo, legge molti libri, studia le mappe geografiche e ama avventurarsi in luoghi inusuali. Inoltre ha una grande creatività, che ama sfruttare realizzando cose ed oggetti di vario tipo con materiali riciclati o di fortuna, recuperati un po’ ovunque durante le sue esplorazioni. È attirata in modo particolare dai mercati delle pulci, quello di Bobbio è in assoluto il suo favorito, dove si reca ogni primo mercoledì del mese saltando la scuola in gran segreto, che, a suo dire, non è istruttiva come lei invece vorrebbe. Ed è proprio qui, che comincia il grande viaggio, al mercato delle pulci di Bobbio, attraverso uno degli svariati corpicapo da viaggio di madama Frida, che Beba riceverà in baratto dal signor Palumbo, un mercataro viaggiamondo che ha il banchetto più curioso del pianeta.

Una volta indossato il cappello, la ragazzina, insieme a Stecco, il suo presuntuoso e pasticcione insetto da compagnia, e Zorda, si ritrova catapultata insieme ai due amici nell’India marabeiana, dove vive la madama. Frida, insieme ai compagni, il pirata Iginius Barbaforte, il dottor Baltazar Caspar Darjazi, lo sciamano Escheide e la strega Babulinda, comunica alla ragazza che deve partire per un’avventura intorno al mondo, alla ricerca di alcuni elementi essenziali, e solo da lei reperibili, affinché il dottor Darjazi, sciamano come il figlio Escheide, possa preparare la pozione delle pozioni (mai realizzata né testata sino ad allora). Con la pozione delle pozioni e attenti studi sull’OMNIBUS, il libro del tutto, la ragazzina, oltre alle qualità che già possiede, come il coraggio, l’eccessiva felicità e il grande cuore, acquisirà dei poteri, e grazie a ciò avrà la possibilità di combattere Nacor ad armi pari, per tentare di salvare il mondo in grande pericolo.

Nacor non è che una metafora in realtà, nel racconto viene descritto come una persona a tutti gli effetti; un potente e malvagio stregone capitalista, divenuto tale in seguito a una grande delusione d’amore che l’ha rapito della sua felicità, e per vendicarsi del torto subito, ha deciso a sua volta di portare via questo sentimento via anche agli altri.

Come?

Realizzando immensi imperi industriali di inutilità, sostituendo così emozioni e momenti lieti di vita della gente, mutando quello che un tempo era il concetto di felicità nelle persone.

Durante i suoi viaggi, insieme agli inseparabili Stecco e Zorda, Beba incontra moltissimi animali che la aiutano nella sua impresa, nonché tutti i bizzarri personaggi portavoce di Marabei. Tuttavia si imbatte inoltre in diverse difficoltà, che supera grazie a ingegnosità e bontà d’animo.

Tolleranza, rispetto reciproco, aiuto incondizionato, l’adattamento a situazioni di stress, la consapevolezza delle proprie capacità, sono solo alcuni dei punti chiave di questa storia. Tra le righe possiamo ottenere una maggiore consapevolezza da parte dei lettori, dei giovani lettori, spesso ignari di possedere capacità che andrebbero solamente sviluppate, altre volte inconsapevoli delle potenzialità possedute. Questo libro li aiuterà a prenderne coscienza, lavorando in sordina!

Scritto da Valentina Dada Villani ed edito da L’Erudita, il medaglione del tempo è possibile acquistarlo qui

Estratto:

Ogni primo mercoledì del mese, nella piccola cittadina
di Bobbio si teneva il celeberrimo Mercato delle Pulci, luogo
in cui si potevano trovare le cose più assurde provenienti
da ogni parte del mondo. E così, come ogni primo mercoledì
del mese, Beba avrebbe saltato la scuola in gran segreto
per recarvisi. Pronta per il viaggio con la sua inseparabile
sacca (dalla quale non potevano mai mancare il suo adorato
coltellino multiuso, una cartina geografica del mondo, una
macchina fotografica e un quadernetto, che poi in realtà altro
non era che una vecchia rubrica telefonica vuota di sua
nonna adele. una di quelle che si usavano quando ancora
non esistevano quelle computerizzate, con le letterine in ordine
alfabetico posizionate al lato destro dei fogli, dove la ragazzina
si divertiva ad annotare ogni nuova parola appresa e
dapprima sconosciuta che cercava minuziosamente sui suoi
dizionari) in compagnia dei due amici, si posizionò in fianco
al cartello stradale metallico recante la dicitura: “BuS PER
BOBBIO”, in attesa che questo passasse per recuperarli. alle
otto e dieci minuti in punto il pullman si palesò dinnanzi ai
tre, e dopo qualche ora trascorsa a ballonzolare qua e là per
via della strada curvosa su cui viaggiava la lunga corriera verdeblù,
a metà della mattina i tre stavano già gironzolando
tra le singolari bancarelle della rinomata Piazza degli avventurieri.

Il Mercato delle Pulci di Bobbio era un appuntamento
davvero inusuale; all’interno della splendida cornice naturalistica
circondante il bel paesello, caratterizzata da verdeggianti
e spumeggiose colline boschive, spuntavano qua
e là per tutto il circondario i bizzarri banchetti ricoperti di
teli variopinti dei venditori erranti provenienti da ogni
parte del mondo, pregnanti di oggetti, vestiari, libri, bijoux
e chi più ne ha più ne metta. Il signor Palumbo aveva
in assoluto il banco preferito da Beba: falotici testi longevi,
pentole, oggetti antichi e curiosi, specchi e specchiere, dizionari
multilingue, sedie, strumenti musicali. E poi ancora
medaglioni, scatole in legno intagliato, mappe arcaiche,
collarini per lucertole, cornici, quadri, ferri da stiro, calzette
per insetti, ampolle, piatti, bicchieri, lenti di ingrandimento,
scarpe spaiate, calzettoni di spugna, tappi di bottiglie
arrugginiti, stoffe, penne di struzzo, occhiali da maestro,
elastici per cavalli, e via dicendo.

«Ehilà, buongiorno signor Palumbo».
«Oh, ma buongiorno a te, mia cara bambina».
«Ha qualcosa di nuovo per me?».
«Mmmhh, in effetti si. Proprio questa mattina, una
alquanto bizzarra, ma elegantissima signora, ha barattato
un buffo turbante con un libro di ricette culinarie per
armadilli rosa. L’ho messo da parte pensando a te: so che
vai matta per questo genere di cose. Il problema è che
ora non ricordo dove l’ho messo, accipicchia che testaccia
che mi ritrovo» e mentre lo diceva, l’ometto si picchiettava
più volte sul capo piccoli pugnetti «sarò davvero
così rincitrullito, perdiana? Dove sarà finito quel dannato
copricapo ora? Eppure ero certo di averlo poggiato
proprio qui».

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