Nella Colonia Penale

Scritto da Kafka, racconta la storia di una colonia penale diretta da un ufficiale considerato cinico e spietato a cui il suo successore, buono e tollerante, manda un esploratore straniero per verificare la situazione.

L’esploratore è ben progresso verso le idee di tolleranza dell’ufficiale che dovrà prendere il comando e che lo ha mandato.

Nella colonia le esecuzioni vengono eseguite persino per motivi di futile insubordinazione. Attraverso un macchinario che provoca il massimo del dolore e che l’ufficiale cinico vanta come irreprensibile.

Molti suggeriscono come chiave di lettura la differenza tra il Vecchio Testamento, rappresentato da l’ufficiale cinico, dove si mette in pratica la legge del taglione ovvero occhio per occhio e dente per dente.

E dove l’ufficiale successore rappresenta il Nuovo Testamento, dove vige (e qui riassumo e forse malissimo) la legge: “Amerai il prossimo tuo come te stesso.”

Ma avendo in Kafka un linguaggio metaforico vuoto, dove la sua regola era: “scrivere qualcosa che faccia pensare e non che pensi al posto tuo”. Propongo una diversa chiave di lettura:

L’esploratore essendo arrivato nella colonia si accorge che non c’è una differenza tra buono e cattivo. Vale a dire; l’ufficiale cinico ha una lettura cinica della Legge e ha creato per sé un dio cinico, l’ufficiale tollerante ha una lettura tollerante della Legge e ha creato per sé un dio tollerante.

Quello che pure segna l’esploratore durante la visita è la “testardaggine” che può raggiungere un uomo che preferisce farsi eliminare pur di affermare le proprie idee e non essere contraddetto.

Chi dei due ufficiali avrĂ  ragione? Entrambi? Nessuno dei due? Queste sono le domande che questo racconto suscita.

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