Concorso scuola PNRR

Era il lontano 1816 quando l’emancipata Madame de Staël pubblicava sulla “Biblioteca italiana” il suo articolo, poi tradotto da Pietro Giordano. Oggi, più che mai, ritorna attuale il dibattito tra classicisti e romantici: << Dovrebbero a mio avviso gl’Italiani tradurre diligentemente assai delle recenti poesie inglesi e tedesche; onde mostrare qualche novità a’loro cittadini,i quali per lo più stanno contenti all’antica mitologia: né pensano che quelle favole sono da un pezzo anticate, anzi il resto d’Europa le ha già abbandonate e dimentiche >>. Come devono essere i nuovi docenti? Digitali e aperti alle moderne metodologie oppure tradizionalisti e ancorati alla lezione frontale? Eruditi o colti (la differenza è sottile)?

Orbene, i docenti precari dovrebbero tradurre in competenze le conoscenze, onde evitare di star “contenti all’antica mitologia” del mero nozionismo! Eppure i concorsi PNRR puntano all’erudizione, proponendo quesiti disciplinari utili a formare <<una classe di eruditi che vanno continuamente razzolando le antiche ceneri, per trovarvi forse qualche granello d’oro>>. Buona ricerca, nell’attesa che un nuovo Silvio Pellico proponga un nuovo “Conciliatore” che scardini i criteri adottati per questi concorsi PNRR.

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