L’infinito indipendente nella lingua greca antica

L'infinito indipendente nella lingua greca antica

Nel complesso e affascinante sistema verbale del greco antico, l’infinito occupa un posto di rilievo per la sua straordinaria flessibilità sintattica e semantica.

A differenza dell’italiano, dove l’infinito è spesso subordinato ad altri verbi (come “voglio andare”, “so scrivere”), in greco esso può assumere una piena autonomia, divenendo il centro sintattico e semantico della frase.

Questa particolare forma prende il nome di infinito indipendente.

L’infinito indipendente, dunque, non dipende da alcun verbo reggente, ma si presenta come una proposizione a sé stante, con valore finito. In altre parole, pur essendo formalmente un verbo indefinito, funziona come una vera e propria frase verbale completa, capace di esprimere un ordine, un desiderio, una massima o un’esortazione.

Il suo uso è raro nella prosa classica, ma frequente nella lingua poetica, in particolare nei poemi omerici e nella lirica, dove conferisce al discorso una sfumatura sentenziosa, solenne o impersonale, tipica della saggezza e della riflessione universale.

All’interno di quest’articolo analizzeremo insieme la definizione e le varie tipologie di infinito

Definizione e valore generale

L’infinito indipendente è un infinito che non dipende da alcun verbo espresso o sottinteso, e che tuttavia assume il valore di un verbo di modo finito.

Può avere diversi valori semantici, tra cui:

  • esortativo,
  • precettivo (cioè di comando),
  • gnòmico o sentenzioso,
  • impersonale (per esprimere un’azione in modo oggettivo o universale),
  • o, più raramente, narrativo.

In questi casi, l’infinito non ha bisogno di un soggetto espresso, poiché l’azione è spesso intesa in modo generale o rivolta a tutti.

Esempio di principio generale:
τὸ δίκαιον φυλάττειν — “Custodire la giustizia.”
Qui non si parla di un soggetto specifico, ma di una norma universale di condotta.

Infinito indipendente esortativo o precettivo

L’infinito indipendente esortativo o precettivo serve a esprimere un comando o un’esortazione, simile all’imperativo. È frequente nel linguaggio epico e poetico, e più raro nella prosa.

Esempio:
μὴ λέγειν ψεύδη. — “Non dire menzogne.”
Qui l’infinito “λέγειν” (dire) ha valore di un imperativo negativo, con tono sentenzioso e impersonale.
Si noti che spesso, in questi casi, il greco preferisce l’infinito aoristo, che esprime l’idea di azione puntuale e definitiva (“non mentire, una volta per tutte”).

Questo uso è affine a quello dei precetti morali o religiosi, come quelli presenti nelle massime di Delfi o nelle leggi poetiche:
εὐσεβεῖν τοὺς θεούς. — “Onorare gli dèi.”
τοῖς γονεῦσιν πείθεσθαι. — “Obbedire ai genitori.”
Queste frasi, pur mancando di un verbo finito, trasmettono una forza normativa e imperativa.

Infinito indipendente gnomico o sentenzioso

L’infinito indipendente gnomico o sentenzioso esprime una verità generale, un principio morale o una riflessione sulla condizione umana.

È un costrutto impersonale e universale, che spesso compare nelle opere di filosofi, poeti e moralisti.

Esempio:
ἀδικεῖν κακὸν. — “Compiere ingiustizia è male.”
εὐεργετεῖν καλόν. — “Fare del bene è cosa bella (nobile).”
In queste frasi, l’infinito funge da soggetto logico della proposizione, e l’intero enunciato assume un valore gnomico (dal greco γνῶμη, “sentenza, massima”).

Questa costruzione era tipica, ad esempio, delle massime dei Sette Savi o degli aforismi sapienziali, in cui il linguaggio tendeva alla concisione e alla universalità del pensiero.

Infinito indipendente impersonale

Un altro impiego notevole è quello impersonale, in cui l’infinito rappresenta un’azione generica, svincolata da un soggetto preciso, come nei proverbi o nei detti popolari.

Esempio:
πολλὰ πάθειν, μαθεῖν. — “Molto soffrire, molto imparare.”
Qui l’infinito “πάθειν” e “μαθεῖν” (soffrire, imparare) esprimono un concetto impersonale, quasi filosofico: attraverso la sofferenza si giunge alla conoscenza.

Questo tipo di costruzione è molto frequente nella tragedia e nella poesia epica, dove il tono riflessivo e universale è dominante.

Infinito indipendente con valore narrativo (raro)

Talvolta, soprattutto in Omero, l’infinito indipendente può avere valore narrativo, utilizzato per rendere il discorso più conciso o drammatico.

È un uso raro e letterario, che può sostituire un verbo all’indicativo, dando un senso di rapidità e immediatezza.

Esempio omerico (semplificato):
ἰέναι καὶ μάχεσθαι. — “Andare e combattere.”

Questo tipo di infinito rende l’azione viva e diretta, come se il narratore la stesse enunciando senza mediazioni, tipico dello stile epico.

Considerazioni stilistiche

L’uso dell’infinito indipendente riflette una precisa scelta stilistica:

  • L’autore rinuncia alla determinazione personale (soggetto, modo, tempo) per ottenere un effetto di universalità e astrazione.
  • L’enunciato assume una valenza morale o poetica, simile a quella delle massime o dei comandamenti.
  • È un modo per sottrarre l’azione all’individualità, facendola apparire come legge eterna o principio naturale.

Così, il greco, grazie a questa costruzione, riesce a trasformare una forma verbale “indefinita” in un’espressione assoluta, priva di confini temporali o soggettivi.

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