Le desinenze secondarie dell’ottativo attivo dei verbi in -μι

Le desinenze secondarie dell’ottativo attivo dei verbi in -μι

L’ottativo è, tra i modi del greco antico, quello che più chiaramente conserva il carattere di eredità indoeuropea diretta. Se il congiuntivo ha conosciuto una profonda ristrutturazione funzionale nel greco storico, l’ottativo rimane invece, per molti aspetti, un modo residuale, il cui valore semantico e la cui forma morfologica affondano le radici in una fase molto antica della lingua.

Nei verbi in -μι, questa arcaicità emerge con particolare evidenza. La flessione atematica, unita all’uso delle desinenze secondarie, fa dell’ottativo attivo uno dei punti in cui il greco appare più vicino al proto-indoeuropeo. Non a caso, proprio l’ottativo sarà uno dei primi modi a entrare in crisi nella storia successiva della lingua, fino a scomparire nel greco ellenistico.

Il valore indoeuropeo dell’ottativo

Nel sistema indoeuropeo, l’ottativo non è semplicemente il modo del “desiderio”, come spesso viene semplificato nelle grammatiche scolastiche. Esso esprime piuttosto una azione concepita come possibile, eventuale o ipotetica, spesso non realizzata e non collocata con certezza nel tempo.

Questo valore semantico spiega l’uso delle desinenze secondarie. L’ottativo non presenta l’azione come attuale o in corso, ma come distaccata dal piano della realtà immediata. Dal punto di vista morfologico, ciò si traduce nell’adozione delle stesse desinenze che il sistema indoeuropeo riservava ai tempi storici e non attuali.

Nei verbi in -μι, questa scelta è particolarmente trasparente: le desinenze secondarie non sono mascherate da vocali tematiche o da ristrutturazioni analogiche, ma si innestano direttamente su una base verbale arcaica.

La formazione dell’ottativo attivo atematica

L’ottativo attivo dei verbi in -μι si forma mediante l’aggiunta di un suffisso modale vocalico, seguito dalle desinenze secondarie attive. Questo suffisso, che nel greco appare come -ιη- / -ι-, è l’esito di un antico morfema indoeuropeo (-ieh₁ / -ih₁), destinato a marcare il valore potenziale o eventuale dell’azione.

Ciò che rende i verbi in -μι particolarmente interessanti è il fatto che questo suffisso modale si appoggi direttamente alla radice, senza la mediazione di una vocale tematica. L’ottativo appare così come una variante modale primaria della radice stessa, non come una costruzione derivata da un tempo preesistente.

Analisi delle singole desinenze (approccio tecnico)

Prima persona singolare: -ν

La desinenza -ν continua l’indoeuropeo -m, adattato foneticamente al sistema greco. Nell’ottativo, essa indica il soggetto parlante che concepisce l’azione come possibile o desiderata, senza alcuna marcatura di attualità.

Seconda persona singolare: -ς

La terminazione -ς deriva direttamente dall’indoeuropeo -s. È una delle desinenze più stabili del sistema verbale indoeuropeo e mantiene nel greco una funzione chiara e riconoscibile, anche nell’ambito modale dell’ottativo.

Terza persona singolare: – (zero)

La terza persona singolare è priva di desinenza espressa. Questo zero morfologico è ereditario e riflette una fase del sistema indoeuropeo in cui la terza persona, considerata la meno marcata, poteva essere lasciata senza terminazione fonetica.

Prima persona plurale: -μεν

La desinenza -μεν risale all’indoeuropeo -mes. Il passaggio da -s a -n è regolare nel greco. Nell’ottativo, questa forma mantiene il valore collettivo senza introdurre elementi di attualità.

Seconda persona plurale: -τε

La desinenza -τε continua l’indoeuropeo -te, una delle terminazioni più conservative dell’intero sistema verbale. La sua presenza nell’ottativo conferma la profonda continuità strutturale tra questo modo e i tempi storici.

Terza persona plurale: -εν / -σαν

La terza persona plurale dell’ottativo attivo presenta una certa oscillazione. La forma -εν risale direttamente all’indoeuropeo -nt, mentre -σαν rappresenta una ristrutturazione greca con inserzione di -σ-. Nei verbi in -μι, entrambe le soluzioni testimoniano l’evoluzione interna del sistema, senza cancellarne la base arcaica.

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