La letteratura italiana in volgare

Nel Medioevo tutta la produzione letteraria è religiosa.

Il primo testo poetico della letteratura volgare italiana è il Cantico delle Creature (o Cantico di frate Sole o Laudes Creaturarum) , composto da San Francesco d’Assisi. Il testo è scritto in volgare umbro ed è una lauda ( forma di canzone sacra in volgare) datata 1224/26.

Francesco d’Assisi, figlio di un ricco mercante di stoffe, disprezzò la ricchezza e dedicò la sua vita alla predicazione e alla carità (curando i malati e assistendo i bisognosi).

Nel Cantico delle Creature si rivolge ai fedeli che non sono degni di parlare di Dio, ma possono solamente lodarne le sue creature:

  • sole
  • luna
  • stelle
  • vento e aria
  • acqua
  • fuoco
  • terra
  • morte fisica

Queste creature sono tutte sorelle e fratelli dell’uomo; la terra è anche madre, in quanto ci da nutrimento. L’acqua ci ricorda il sacramento del battesimo; il fuoco lo Spirito Santo e la Pentecoste.

Il Cantico delle Creature è scritto in volgare perchè è rivolto agli umili e agli ignoranti per convertirli. Costoro erano tutti coloro che non conoscevano il latino.

I catari (gruppo religioso) che non credevano nello Spirito Santo (verranno puniti tramite una crociata) si trovavano in disaccordo con San Francesco.

La questione della lingua

Prima di Dante l’Italiano non esisteva; esistevano in Italia una serie di volgari bene differenziati l’uno dall’altro, tutti derivati dalla lenta evoluzione del latino parlato che si facevano lentamente strada nelle scritture, guadagnandosi a poco a poco dignità e spazio rispetto al latino.

I primi testi in volgare pervenutici non appartengono a Firenze (indovinello veronese e placito capuano) ma ad altre aree; il primo testo fiorentino giunto fino a noi sono i Frammenti di un libro di conti di banchieri fiorentini del 1211, quindi anteriori di un cinquantennio alla nascita di Dante e trattanti argomento di ordine pratico.

Dopo Dante la situazione è irreversibilmente cambiata: con la Commedia egli potenzia a tal punto l’uso del volgare fiorentino da lasciare in eredità agli scrittori successivi uno strumento universale che permetteva di parlare di tutto e di poter sostituire il latino come lingua di cultura. Il fiorentino si trova, così, ad aver guadagnato un prestigio tale da imporsi su tutti gli altri volgari della penisola.

Definire Dante il “padre della lingua italiana” non è sbagliato, poiché l’italiano è nato da una varietà, il fiorentino, che è riuscita ad affermarsi non per motivi politici, ma per motivi culturali e letterali. Chi scrive in volgare dopo di Dante adotta una lingua che risente dell’influsso fiorentino. Il processo di unità linguistica è avviato: le opere di Petrarca e Boccaccio, che seguono di una generazione l’esperienza dantesca, contribuiscono a consolidare tale processo. A favorire questo conguaglio furono anche alcuni fattori:

  • i codici che tramandavano la grande tradizione lirica del Duecento erano toscani
  • i codici non contenevano solo la poesia lirica d’amore, ma anche comica e civile, quindi vi era apertura a vari stili ed esiti poetici
  • Firenze era il maggior centro di produzione libraria del tempo: i copisti fiorentini erano in numero superiore a quelli delle altre città

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