L’infinito determinativo nella lingua greca

Tra le molte sfumature del sistema verbale greco, l’infinito determinativo occupa un ruolo di rilievo, poiché rappresenta una delle forme più ricche e duttili nella costruzione del pensiero e dell’espressione.
Nella lingua di Omero, di Platone e di Tucidide, l’infinito non è soltanto una forma nominale del verbo, ma una vera e propria chiave di collegamento tra proposizioni, un ponte che consente al greco di rendere in modo armonioso e sintetico rapporti che, in altre lingue, richiedono strutture più rigide o articolate.
Il termine “determinativo” deriva dal fatto che questo infinito dipende da un’altra parola (di solito un verbo, ma talvolta anche un aggettivo o un sostantivo) e ne precisa, completa o determina il significato.
Non ha quindi autonomia sintattica, come accade invece per l’infinito indipendente, ma vive in funzione di un altro elemento, da cui riceve il proprio valore logico e grammaticale.
Definizione generale
L’infinito determinativo è un infinito dipendente, cioè subordinato a un verbo, un nome o un aggettivo, di cui completa o specifica il significato.
In altre parole, non è una frase autonoma, ma serve a determinare il senso di un’altra parola, chiarendo che cosa, perché, come o a quale scopo un’azione avviene.
Può dunque funzionare come:
- complemento oggetto (dopo verbi che lo reggono direttamente),
- complemento di fine o scopo,
- complemento di causa o conseguenza,
- oppure come soggetto o predicato nominale di una proposizione.
L’infinito determinativo dopo verbi (uso oggettivo)
L’infinito determinativo, oltre che essere l’uso più comune, è determinato da un verbo di volontà, percezione, sapere, potere, dovere, desiderio, ecc., e ne completa il senso.
In questo caso, corrisponde al nostro infinito italiano retto da un verbo principale.
Esempi:
βούλομαι γράφειν. — “Voglio scrivere.”
δύναμαι λέγειν. — “Posso parlare.”
μανθάνω φιλοσοφεῖν. — “Imparo a filosofare.”
ἀκούω λέγοντα. — “Sento (uno che) parla.”
Come si nota, l’infinito è spesso complemento oggetto del verbo da cui dipende.
In greco, inoltre, può avere un soggetto proprio espresso in accusativo, dando origine alla costruzione accusativo + infinito, molto frequente anche nelle proposizioni infinitive.
Esempio:
λέγουσιν Σωκράτη σοφὸν εἶναι. — “Dicono che Socrate sia saggio.”
(lett. “Dicono Socrate essere saggio.”)
Qui l’infinito εἶναι (“essere”) dipende da λέγουσιν (“dicono”) e ha come proprio soggetto Σωκράτη in accusativo.
L’infinito determinativo dopo aggettivi e sostantivi
Anche aggettivi e sostantivi possono reggere un infinito, che ne precisa il significato e spesso indica scopo, capacità o necessità.
Esempi con aggettivi:
ἕτοιμος μάχεσθαι. — “Pronto a combattere.”
ἄξιος τιμᾶσθαι. — “Degno di essere onorato.”
ἀναγκαῖον λέγειν. — “Necessario dire.”
Esempi con sostantivi:
χρόνος ἀναπαύεσθαι. — “Tempo di riposare.”
βουλή στρατεύεσθαι. — “Decisione di partire in guerra.”
In questi casi, l’infinito svolge una funzione determinativa o esplicativa, chiarendo il senso dell’aggettivo o del nome a cui si lega.
L’infinito determinativo come soggetto o predicato
L’infinito determinativo, in greco, può anche fungere da soggetto logico o da predicato nominale di una frase.
Quando è soggetto, corrisponde spesso al nostro infinito con valore sostantivato (“il fare”, “l’essere”, “il sapere”).
Esempi:
τὸ ζῆν καλόν ἐστιν. — “Vivere è bello.”
τὸ ἀδικεῖν κακόν. — “Commettere ingiustizia è male.”
τὸ φιλεῖν ἀνθρώπου φύσει ἐστίν. — “Amare è nella natura dell’uomo.”
In queste frasi, l’infinito (spesso preceduto dall’articolo neutro τό) diventa un vero e proprio sostantivo verbale, che esprime un concetto generale o astratto.