L’inverno di giona

Non c’è da stupirsi che l’inverno di giona abbia vinto la trentunesima edizione del premio Italo Calvino.

La storia narra di Giona, un adolescente che vive in un paesino di montagna insieme al nonno Alvise da cui subisce degli abusi psicofisici.

Il libro sin dall’uscita ha diviso i lettori sul considerarlo un giallo analitico o un romanzo di formazione. Alcuni lo considerano un romanzo di guarigione, io sono tra questi alcuni.

Se letto e riletto è considerabile persino come romanzo di ribellione.

Il non poter considerare un libro solo un giallo o solo un romanzo di formazione, ne attesta lo spessore e la grandezza.

Spessore metaforico, date le solo 190 pagine (edito Mondadori), ma con lo stile di Tapparelli che non dà semplicemente vita alle cose ma riesce a farle vivere sia loro e sia a chi li legge.

La grandezza è data dal suo effetto a specchio.

Se cerchi un giallo, trovi il giallo. Cerchi un romanzo di formazione, ti accorgi di stare leggendo un romanzo di formazione.  Se, mentre leggi il romanzo, nella vita reale ti trovi davanti una scelta, leggere l’inverno di giona è per te.

Stesso effetto che troviamo in romanzi come Delitto e castigo.

Lo stile di Tapparelli sembra la fusione tra quello di Hemingway e quello di Hesse, il primo per il minimalismo e il ritmo che riesce a dare, il secondo perché in questo ritmo ha inserito la lirica che non stona ma arricchisce di bellezza persino l’immorale.

Lo considero un romanzo di ribellione perché Tapparelli riesce a saltare qualunque ipocrisia e convenzione a cui in molti si affidano per scrivere, e ci consegna una nuova spiegazione del rapporto e della lotta tra il bene e il male.

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2 Risposte

  1. Rosario ha detto:

    Sei un grandeeee ivan

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